Riunione di condominio: cosa accade se non si raggiunge un accordo?
Non di rado la legge prevede che le delibere dell’assemblea di condominio, per essere valide, debbano essere approvate all’unanimità. Un caso emblematico può essere la modifica definitiva dei criteri di ripartizione delle spese condominiali: com’è ovvio, in questo caso non può bastare la maggioranza semplice. Il che vuol dire, però, che è sufficiente che manchi uno dei condomini e l’ordine del giorno non viene approvato.
Ma appunto: come ci dobbiamo regolare se uno o più condomini non si presentano mai per votare eppure, se consultati, si dicono d’accordo sulla mozione? La soluzione c’è. È di carattere giurisprudenziale e ce l’ha offerta la suprema Corte di Cassazione con una sua pronuncia.
Riunione di condominio: cosa accade se non si raggiunge un accordo?
Si immagini una delibera che decida di impedire ai condomini di cambiare destinazione d’uso agli appartamenti, di dividerli in più unità, di darli in affitto, di stendere panni sul balcone o di metterci vasi da fiori; oppure una delibera che vieti di usare gli immobili per attività commerciali o rumorose. Ora, ogni vincolo al diritto di proprietà può essere approvato solo se c’è lo specifico consenso di ogni comproprietario.
Un’altra ipotesi può essere l’esonero di uno o più condomini dal pagamento degli oneri condominiali. Diciamo che in generale qualunque deroga al principio della ripartizione delle spese per millesimi esige sempre l’unanimità.
Cosa fare se non si raggiunge l’unanimità in condominio?
Raggiungere l’unanimità talvolta non è facile. Può capitare che non ci si riesca per il veto incrociato dei condomini, divisi da inimicizie, gelosie, vendette e ripicche.
Come comportarsi?
Secondo la Cassazione, un modo per raggiungere l’unanimità è far firmare ai condomini assenti, in un momento successivo, il verbale di assemblea, che poi va comunicato a tutti gli altri condomini con raccomandata con ricevuta di ritorno o posta elettronica certificata (pec). Questi, la raccomandata e la pec, secondo la Cassazione sono dunque una valida modalità di espressione del consenso anche al di fuori della riunione di condominio.