Perché la variante Omicron preoccupa gli scienziati

Perché la variante Omicron preoccupa gli scienziati

Gli scienziati hanno rintracciato una nuova variante del SARS-CoV-2, il virus che provoca la malattia Covid-19. Si chiama Omicron (B.1.1.529) e porta con sé un numero senza precedenti di mutazioni nella parte del suo genoma che codifica per una parte chiave della cosiddetta proteina spike, quella che il virus adopera per infettare l’ospite.

Perché la variante Omicron preoccupa gli scienziati

Il timore è che queste mutazioni possano rendere Omicron capace di eludere alcune delle difese del sistema immunitario fornite dai vaccini, il quali, ricordiamo, sono stati prodotti sulla base della proteina spike “originaria”, cioè non mutata.

La variante, si ricorderà, è stata sequenziata per la prima volta in Sudafrica. Il 16 novembre 2021 in quel Paese si verificarono 136 casi di Covid-19: nove giorni dopo erano 1200. Più dell’ottanta per cento di questi nuovi casi si erano verificati nella popolosa provincia di Gauteng, che comprende anche Johannesburg e Pretoria.

In Sudafrica si erano già verificati altri picchi del contagio, due terzi dei quali dovuti alla variante Delta. L’ultima ondata, però, è coincisa con la prima individuazione della nuova variante, che come detto è stata chiamata Omicron.

La nuova variante è stata rintracciata anche in Botswana, Hong Kong, in Europa, nel Canada, in Israele, Giappone e anche negli Stati Uniti.

Perché la variante Omicron preoccupa gli scienziati: “Conoscere il nemico”

“Bisogna conoscere il nemico per combatterlo”: è quanto ha detto in un incontro con la stampa il 25 novembre scorso il dottor Tulio de Oliveira, direttore del CERI, Centre for Epidemic Response and Innovation, di Stellenbosch (Sudafrica).

In quell’incontro de Oliveira ha precisato che la nuova variante contiene “una assai inusuale costellazione di mutazioni”. Di alcune di queste si sa e di altre si prevede che possano aiutare il virus a eludere il sistema immunitario e ad aumentare la capacità di contagio del virus.

Il dottore ha anche informato che nel genoma complessivo di Omicron si sono trovate una cinquantina di mutazioni, mentre nella parte del genoma che codifica per la spike se ne sono individuate circa trenta.

La proteina spike è quella che permette al virus di penetrare nelle cellule. Un particolare frammento della proteina, chiamato “receptor binding domain” (RBD), si lega al recettore ACE2 che sta sulle membrane cellulari umane. Oliveira ha annunciato che nel recettore RBD della nuova variante si sono trovati un gran numero di cambiamenti.

Gli anticorpi dell’ospite dovrebbero impedire a RDB di legarsi ai recettori ACE2, ma si teme che le mutazioni intervenute nella variante Omicron possano impedirglielo.

Giusto per un confronto, si pensi che la mutazione Beta ha tre mutazioni per RDB, mentre la Delta ne ha solo due. Omicron ne ha ben quindici.

 

 

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