L'infezione da Coronavirus modifica partizioni del cervello. Lo studio

L’infezione da Coronavirus modifica partizioni del cervello. Lo studio

L’infezione da Coronavirus modifica partizioni del cervello. Lo studio

A oggi, grosso modo sono 440 milioni i casi di Covid nel mondo. Quasi sei milioni le vittime: questo il bollettino aggiornato della pandemia da Covid-19.

Un problema che si è ormai constatato con certezza, con questa infezione Sars-CoV-2, è che i postumi dell’infezione possono manifestarsi anche in quanti sembrano averla superata senza particolari sequele.

L'infezione da Coronavirus modifica partizioni del cervello. Lo studio

L’infezione da Coronavirus modifica partizioni del cervello. Lo studio

Intanto la malattia chiamata Sars-CoV-2 può danneggiare i polmoni. Ma quando si parla di “long-Covid” il pensiero corre soprattutto al cervello. Sono infatti documentati disturbi neurologici e/o psichiatrici anche a mesi di distanza dalla negativizzazione. Le conseguenze dell’azione del virus sul cervello sono adesso l’argomento di uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista «Nature»

I «segni» lasciati Sars-CoV-2 a livello cerebrale

Il lavoro degli studiosi del Centro di neuroimaging integrato dell’Università di Oxford non è il primo su questo argomento, ma ha il pregio di aver seguito una impostazione particolare.

I neuroscienziati britannici sono infatti i primi ad aver messo a confronto le immagini delle scansioni cerebrali coi risultati di una serie di test cognitivi fatti su un campione di 401 persone prima e dopo l’infezione.

Dopodiché le hanno confrontate con le immagini raccolte sempre nei due momenti relative a un altro campione di soggetti (384) mai entrati a contatto con Sars-CoV-2.

In tal modo è stato possibile eliminare l’eventuale ruolo di fattori di rischio presenti già prima di prendere la malattia. Dal confronto tra le immagini e i test si evince che dopo il passaggio del virus si sono verificati cambiamenti anatomici nel cervello dei pazienti: una complessiva diminuzione del volume cerebrale, una significativa riduzione dello spessore della materia grigia nella corteccia prefrontale e del giro paraippocampale nonché diversi segni di danno ai tessuti nelle aree della corteccia olfattiva.

I partecipanti allo studio positivi al coronavirus mostravano anche i primi segni di decadimento cognitivo: causato dall’atrofia di un’area del cervelletto. Un aspetto inquietante è che non sarebbe la gravità della malattia a determinare conseguenze cerebrali, ma la semplice infezione.

Declino cognitivo e Alzheimer?

Gli autori dello studio avvertono che «le variazioni osservate nei diversi parametri sono di entità modesta»: nel caso più evidente vicine al 2 per cento. E in ogni caso le statistiche fanno riferimento a un effetto medio: «Questo vuol dire che non tutte le persone infette mostreranno simili anomalie».

Non è ancora chiaro quanto possano durare nel tempo queste conseguenze a livello cerebrale. Chiaramente bisognerà fare delle scansioni periodiche nei prossimi mesi e anni per osservare l’eventuale decorso della situazione.

Il fatto che le conseguenze cerebrali siano indipendenti dalla gravità dell’infezione, lascia immaginare che esse possano anche costituire un problema di salute pubblica.  Tra le possibili conseguenze, infatti, potrebbe anche esserci un aumento delle diagnosi di Alzheimer o di altre forme di demenza senile.

Da qui l’iniziativa di creare un consorzio internazionale di ricercatori provenienti da oltre 30 Paesi, che nei prossimi anni lavoreranno per verificare se ci sia o no una correlazione tra Covid e demenze.

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