Conoscevi il fattore chiave per perdere peso? Cosa ci spiega questo studio

Conoscevi il fattore chiave per perdere peso? Cosa ci spiega questo studio

Conoscevi il fattore chiave per perdere peso? Cosa ci spiega questo studio

La luce del sole può combattere la sindrome metabolica? Un recente studio condotto su topi di laboratorio ha evidenziato che alcune proteine contenute nelle cellule adipose sono sensibili alla luce del sole. Dalla ricerca è anche emerso che troppo poca luce può alterare il comportamento di queste cellule e accrescere il rischio di sindrome metabolica.

Conoscevi il fattore chiave per perdere peso? Cosa ci spiega questo studio

La sindrome metabolica è una condizione in cui una elevata circonferenza del girovita (per via del grasso addominale) si accompagna a ipertensione, alterata glicemia plasmatica a digiuno (FPG), insulino-resistenza e alti livelli di grassi nel sangue.

Recettori per la luce

Dato che la vita su questo pianeta è nata e si è evoluta grazie al calore e alla luce del sole, è difficile sottovalutarne l’importanza.

Recettori per la luce sono presenti, ovviamente, in tutti gli animali che sono dotati di un sistema visivo e dalla luce del sole dipende il ritmo sonno-veglia. Praticamente tutti gli animali che vivono sulla terra (fatta eccezione forse solo per quelli delle profondità abissali, dove la luce del sole non arriva) adoperano il sole per regolare i loro ritmi biologici.

Adesso però un nuovo studio pubblicato su Cell Reports suggerisce che la luce del sole potrebbe influire sui mammiferi in un modo del tutto insospettato, in particolare con riguardo alla termogenesi adattativa alle basse temperature.

Occhi, ma non solo

Gli animali possono rilevare la luce attraverso una proteina chiamata opsina. Negli esseri umani questo avviene tramite la melanopsina e la neuropsina, che si trovano in alcune cellule della retina.

In altri animali composti sensibili alla luce si possono trovare anche al di fuori del sistema visivo. In alcune ranocchie, per esempio, la rilevazione della luce avviene attraverso la pelle, grazie a cellule chiamate cromatofori.

Fino a non molto tempo fa gli scienziati ritenevano che i mammiferi si accorgessero della luce solo attraverso il sistema visivo, ma parecchie ricerche ormai hanno confutato questa nozione.

Una ricerca del 2019, per esempio, ha mostrato che la neuropsina contenuta nella pelle dei topi li aiuta a rilevare la luce e quindi a mantenere i loro ritmi circadiani.

Adesso un nuovo studio si è focalizzato sulla domanda se anche le cellule adipose siano in grado di reagire alla luce del sole.

Come spiega il dottor Richard Lang, del Children’s Hospital Medical Center di Cincinnati, Stati Uniti, “l’idea che la luce possa penetrare anche in profondità nei tessuti è nuova, ma noi e altri abbiamo trovato dell’opsina in molti tipi di tessuto e le ricerche sono appena agli inizi”.

I ricercatori si sono concentrati in particolare sulla opsina 3. Essi hanno dimostrato che la si trova anche nelle cellule adipose e che, soprattutto, la luce può penetrare in profondità nei tessuti adiposi dei topi fino ad attivare questa proteina.

Pare anche che questo possa avvenire solo a una precisa lunghezza d’onda, e cioè 480 nanometri e solo con la luce del sole.

Al freddo e al gelo

Quando i mammiferi si trovano al freddo il loro organismo brucia il grasso per produrre calore.

Il tessuto adiposo “bianco” è la principale riserva di energia, mentre quello “marrone” è deputato a generare calore. Con un processo che si chiama lipolisi, il tessuto bianco rilascia acidi grassi e glicerolo nel sangue: il tessuto marrone cattura questi acidi grassi e li usa per generare calore.

Si ritiene con prove sempre più convincenti che l’attivazione delle cellule adipose marroni possa proteggere contro la sindrome metabolica e che la opsina 3 (a sua volta attivata dalla luce del sole) sia la chiave di questa attivazione.

L’ipotesi è che alla base della sindrome metabolica potrebbe anche esserci una insufficiente stimolazione del meccanismo luce-opsina 3, soprattutto nei Paesi industrializzati, nei quali le persone sono spesso soggette a illuminazione artificiale per lunghe ore.

 

 

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