Parmigiano Reggiano? No, era Grana Padano. Arriva il richiamo
Da Esselunga arriva in queste ore il richiamo in auto-tutela di un lotto di parmigiano reggiano a denominazione di origine protetta stagionato 24 mesi, commercializzato dalla ditta Trentin Spa. La motivazione del provvedimento è da rintracciare nel fatto che “alcune confezioni etichettate come Parmigiano Reggiano potrebbero contenere Grana Padano che ha come ingrediente il lisozima, un conservante, derivante dall’uovo (allergene)”.
Parmigiano Reggiano? No, era Grana Padano. Arriva il richiamo
Il lotto oggetto del richiamo è il P1843. Il prodotto è venduto in porzioni confezionate sottovuoto da 800-900 grammi; il termine massimo di conservazione, insomma quella che comunemente si chiama “data di scadenza”, è al primo aprile del 2023.
“Si precisa – si legge nella nota di richiamo – che il Parmigiano Reggiano è facilmente distinguibile dal Grana Padano per i marchi del consorzio nello scalzo (la superficie laterale di una forma di formaggio, generalmente convessa, che in parole povere la “crosta” della forma, ndr) e per il film utilizzato per confezionare i prodotti in quanto quello per il Parmigiano Reggiano ha i due loghi del consorzio, il film del Grana Padano è completamente neutro senza loghi”.
D’accordo che la presenza del lisozima può dare problemi di allergia, ma qui ci sembra che si sia di fronte anche a un caso di vendita di un prodotto sotto il nome di un altro, sempre che, ovviamente, non ci sia stato un semplice caso di confezionamento errato.
Chiunque abbia assaggiato il parmigiano reggiano, infatti, non può confonderlo col grana: sono due formaggi molto buoni entrambi, ma anche piuttosto diversi nel sapore.
Un po’ la differenza che c’è tra una frittatona italiana e una omelette alla francese (decidete voi cosa corrisponde a cosa), se ci consentite il paragone. In ogni caso, la nota positiva è che il sistema di controllo ha funzionato, in questo caso per iniziativa dello stesso distributore (Esselunga).