Mild Cognitive Impairment: perché iniziamo a dimenticarci i nomi e le cose?
Con l’avanzare dell’età una delle prime cose a cui si fa attenzione e di cui si ha paura, legata alla fase prodromica della demenza, è la perdita di memoria e la difficoltà a ricordare nomi o l’associazione nomi/persone. Siamo soliti pensare che questa difficoltà sia legata all’età e alla presenza di sintomatologie.
Non sempre però è così e non è necessario allarmarsi. Vediamo cosa dice la scienza in merito.
Mild Cognitive Impairment: perché iniziamo a dimenticarci i nomi e le cose?
Deterioramento Cognitivo e Demenza: cosa dice la scienza
Per capire meglio la correlazione tra difficoltà a ricordare le cose e la possibile presenza di disturbi ci rifacciamo a quanto detto dal professore emerito di psichiatria alla Griffith University australiana e presidente eletto dell’Associazione italiana di psicogeriatria Diego de Leo.
«Solo ad alcune delle persone che presentano tali fenomeni sarà in seguito formulata una diagnosi di decadimento cognitivo lieve, noto anche con il termine inglese Mild cognitive impairment ( MCI). Questa condizione è in effetti temuta come fase prodromica della demenza. Da un punto di vista di salute pubblica, coglierne le caratteristiche in soggetti anziani può servire a mettere poi in atto eventuali strategie di prevenzione.»
Che cos’è il decadimento cognitivo
Il decadimento cognitivo lieve è una condizione in cui una persona sperimenta un leggero, ma evidente, declino delle capacità mentali (memoria e capacità di pensiero) rispetto ad altri della stessa età.
Un graduale declino mentale (cognitivo) è visto come un normale processo di invecchiamento. Ad esempio, la capacità di apprendere nuove informazioni può essere ridotta, l’elaborazione mentale rallenta, la velocità delle prestazioni rallenta e la capacità di distrarsi aumenta.
Quando si parla di decadimento cognitivo MIC
Per poter parlare di MIC ovvero del decadimento cognitivo lieve è necessario che siano presenti nel soggetto alcuni sintomi precisi. Questi sintomi sono stati definiti diversi anni fa dal neurologo della Mayo Clinic di Rochester, Ronald Petersen.
«La diagnosi si basa sul fatto che la persona lamenti uno scadimento delle sue performance cognitive. Un’impressione di scadimento che deve essere confermata anche da un parente o un convivente, ma anche da specifici test neuropsicologici, che evidenzino un oggettivo deterioramento cognitivo in almeno uno dei domini esplorati».
Tra questi sintomi troviamo:
- Perdita di memoria;
- Problemi linguistici;
- Problemi di attenzione intesa come perdita di concentrazione;
- Difficoltà a prendere decisioni;
- Difficoltà a seguire un processo decisionale complesso come pagare le bollette, prendere farmaci piuttosto che fare la spesa, cucinare o guidare;
Fenomeno transitorio
Si può parlare anche di fenomeno transitorio e, in questo caso, è necessario che «la persona sia indipendente nelle abilità funzionali, ossia abbia meno di tre impedimenti in aree come fare la spesa, usare il telefono, utilizzare i farmaci, e altre attività quotidiane. Infine, ovviamente, bisogna che non abbia già una diagnosi di demenza».